“Enrico Pollastrini e la pittura di Storia” Conferenza di Carlo Sisi (Presidente del Museo Marino Marini di Firenze)

14 maggio 2013 19:43 Commenti disabilitati

 

Carlo Sisi

Livorno - Con la conferenza su “Enrico Pollastrini e la pittura di Storia” si conclude giovedì 16 maggio (ore 17), a Villa Mimbelli (via San Jacopo Acquaviva, 63), il ciclo di incontri promossi dal Comune di Livorno e FAI (Fondo Ambiente Italiano) sul tema “Memorie, significati, valori in alcune opere del Museo Fattori”.

Relatore della conferenza sarà Carlo Sisi: attuale Presidente del Museo Marino Marini di Firenze, è stato Direttore della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, è uno storico dell’arte di fama nazionale ed internazionale, e ha curato mostre in Italia e all’estero. Può considerarsi uno specialista dell’Ottocento italiano.

Il Museo Fattori espone diversi quadri di Pollastrini nella sala al piano terra di Villa Mimbelli ed una collezione di circa 90 disegni (molti costituiscono studi preparatori di altrettanti dipinti): da questi si dipanerà la relazione dello storico dell’arte.

Enrico Pollastrini (Livorno 1816 – Firenze 1876), artista di poco più vecchio di Fattori, rappresenta un’arte che precede i macchiaioli e il loro realismo contemporaneo. Si ispira a episodi della storia passata, evocati con spirito celebrativo e secondo i dettami accademici, in un contesto culturale che affondava le radici nel romanticismo, elementi che i macchiaioli rifiutano completamente in nome di un’arte completamente innovativa.

L’arte di Pollastrini sopravvive nell’arco dell’Ottocento, grazie ad una committenza borghese che continuava a prediligere un’arte classicheggiante, rappresentativa di soggetti storici e mitologici, e guardava con diffidenza al realismo ed allo spirito rivoluzionario dei macchiaioli.

Enrico Pollastrini

La vicenda artistica di Enrico Pollastrini ha inizio nella bottega di Vincenzo De Bonis, che per primo “ebbe il coraggio d’istituire in Livorno una scuola di pittura, con suo grave dispendio nell’acquisto di gessi e modelli fatti venire di fuori”, ed impiegati probabilmente nell’esercizio della copia che contraddistingueva il metodo analogico all’indirizzo neoclassico vigente sino agli anni Trenta nell’Accademia di Firenze.
L’insegnamento di Giuseppe Bezzuoli imponeva in Toscana uno stile più naturale, che sostituiva alla copia dei gessi lo studio della realtà vivente individuata nei capolavori della pittura del Cinque e Seicento: vocazione alla natura e al relativo dichiarata nell’”Autoritratto giovanile” che, se fosse davvero del 1833, costituirebbe la prima testimonianza a noi nota delle radici romantiche dell’artista.
Già nel 1838, Pollastrini aveva ricevuto da Niccolò Puccini l’incarico di dipingere un soggetto storico, “La morte del duca Alessandro De Medici”, da includere nel progetto di educazione agli ideali libertari tramite la forza pedagogica dell’arte, per il quale il pistoiese aveva deciso di avvalersi dei migliori artisti attivi in Toscana, e soprattutto di quelli operanti nel raggio d’azione di Bezzuoli.
Espone all’Accademia di Firenze nel 1841 il dipinto “Colombo col figlio al convento della Rapida” e nel 1843 “L’ultim’ora di Francesco Ferrucci”.
Nell’episodio della vita di Cristoforo Colombo, incentrato sulla pietas paterna dell’eroico navigatore, l’artista ebbe modo dio nobilitare la manifestazione degli umani sentimenti con la misurata cadenza di una composizione ispirata a modelli del classicismo seicentesco, mentre nel Ferruccio l’azione era affidata a genti più concitati e drammatici.
Riscosse grande successo all’esposizione del 1861 gli “Esuli di Siena”, che in quel momento veniva apprezzato più per il contenuto morale e politico che non per lo stile purista, abbandonato dallo stesso Pollastrini che proprio nel 1861 dipingeva una “Battaglia di Legnano” la cui imponente e intricata composizione presenta nessi evidenti con i cartoni di battaglie di Angiolo Visconti e di Amos Cassioli. Un accostamento al Cassioli degli affreschi del Palazzo Pubblico di Siena è evidente nel “Ritratto di Vittorio Emanuele II a cavallo” (dipinto fra il 1866 e il 1868), in cui il soggetto staglia il suo profilo icastico su un paesaggio allontanante nella piena luce.
Corrispondono ad altro genere in voga nell’Italia umbertina le scenette con i fanciulli intenti alla “Mosca cieca” o al “Giuoco della buchetta”, vivace istantanea, quest’ultima, su poveri felici raffigurati con qualche cenno caricaturale alla Maniera che era stata di Moricci e dei lombardi.
Pollastrini era stato chiamato alla presidenza dell’Accademia di Firenze che tenne dal 1867 al 1874, in tempi di rapide e decisive mutazioni amministrative che lo trovarono impreparato e deluso, tanto che fu costretto a dare le dimissioni dall’incarico nel 1875. L’artista morì agli inizi del gennaio del 1876.

la redazione

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