Presentazione del libro di Maurizio Mini e Andrea Pellegrini. Livorno, dalla musica americana al Jazz. La storia, le storie

la bottega del caffè
Livorno – Il Jazz livornese esiste. E’ un vernacolo, un accento, una sfumatura, non un dialetto, una lingua, né un genere: nel Jazz è del tutto normale che chi lo fa ci aggiunga del suo, come nelle ricette del cacciucco. Ha tratti spiccatamente cosmopoliti, come tutto il Jazz, sempre; risente di influenze varie, è appassionato e ironico, contemporaneo e curioso, amante del vecchio e swingante ma anche aperto a tutte le forme del ‘900. E’ colto eppure a tratti selvaggio, è “tanto” ed è “vivo”… e ha a che fare con i pirati!
Per qualcuno si è incominciato ad ascoltare e suonare il Jazz a Livorno quando, durante la seconda guerra mondiale, arrivarono gli americani. Punto e basta. In realtà ciò è vero solo in parte: basta andare a leggere qualche giornale degli anni trenta, cercare qua e là ricordi e aneddoti tramandati dai nonni ai figli e guardare qualche foto scolorita in bianco e nero di Jazz Band livornesi d’epoca per scoprire – sorpresa ! – che a Livorno il Jazz qualcuno ha incominciato a suonarlo o semplicemente ascoltarlo già nei primi del novecento con le bande musicali cittadine, parrocchiali e di quartiere che assunsero il ruolo di vere e proprie scuole di musica, o anche dopo aver potuto vedere e sentire dal vivo alcune orchestre americane come quella del ballerino Harry Fleming che si esibì a Livorno nel 1933.
Livorno e il Jazz, quindi, e un libro per raccontare un periodo lungo un secolo, dai primi del Novecento a oggi, in cui si sviluppa in alcuni musicisti livornesi la passione per il Jazz e, prima ancora, per quella che agli inizi del Novecento e fino agli anni cinquanta era “musica americana”.
“Livorno, dalla musica americana al Jazz. La storia, le storie” è il titolo del libro scritto da Maurizio Mini e Andrea Pellegrini che sarà presentato martedì 23 aprile (giornata internazionale del libro Unesco), alle ore 17.30, alla Bottega del Caffè di viale Caprera, 35, nell’ambito della seconda edizione dell’International Jazz Day di Livorno (20 aprile – 3 maggio) promosso dal Comitato Unesco Jazz Day di Livorno e Clap Jazz.
L’idea del libro è scaturita dopo un casuale incontro tra Maurizio Mini, giornalista pubblicista, e Andrea Pellegrini, musicista Jazz e autore di una tesi su “Il Jazz Livornese, storie, origini, autori, tradizioni, direzioni”.
Una vera e propria jam session, come si conviene per l’argomento trattato, cui ha dato il suo contributo Silvia Pierini, giornalista e autrice di una interessante ricerca su “La Storia del jazz a Livorno” nel periodo che va dagli anni cinquanta agli inizi del 2000.
Questa l’introduzione al libro scritta da Stafano Zenni, musicologo e scrittore, docente alla New York University a Firenze e presso i Conservatori di Bologna, Pesaro, Pescara, direttore artistico del Torino Jazz Festival.
Che il Jazz sia nato a Livorno? E’ il dubbio che sorge leggendo questo libro appassionato e ricco di documentazione, il cui primo pregio è farci rendere conto quanto sia ristretta e angusta la visione storica che abbiamo del jazz e della diffusione delle musiche afroamericane.
Certo, il Jazz è una musica americana, anzi neroamericana, ed esprime la forza rigenerante con cui quella cultura ha trasformato il nostro mondo. Ma non c’è dubbio che la grande sintesi avvenuta sul suolo americano segna un momento focale all’interno di due flussi culturali: uno verso gli Stati Uniti – la schiavitù, le migrazioni, il confluire di culture e musiche da molti angoli del mondo – e l’altro dagli Stati Uniti, in un processo di diffusione globale. Livorno si trova in entrambi i lati di questo gioco storico: nella fase dei contributi culturali verso gli Stati Uniti come pure in quella dell’accoglienza d’influenze, stimoli, processi. Il che la rende uno snodo centrale di quella storia e al tempo stesso la chiave di volta per comprendere il panorama più ampio dello sviluppo della musica. Un panorama che riconosce le differenze tra i generi ma che ne esalta i collegamenti, le porosità, la complessità delle relazioni; dove la musica popolare, quella classica, da ballo giocano sullo stesso terreno sociale, economico e perfino di gusto.
Che l’esperienza musicale delle persone e dei musicisti sia settoriale è qualcosa che sta solo nella testa degli accademici: anche prima dei mass media e della globalizzazione le persone ascoltavano musiche diverse a seconda le circostanze, dei desideri, delle occasioni. Il Jazz, in quanto musica di sintesi, attraverso i canali dei media e la diffusione nel circuito capitalistico globale, ha esaltato questa pratica eclettica. E città come Livorno – portuale come Palermo, Genova, New Orleans, Buenos Aires, New York e come esse legata al Mediterraneo – si sono ritrovate al cuore di questa storia. Riscoprirne la centralità significa gettare nuova luce sulle profonde connessioni globali che da tempo nutrono la cultura musicale italiana.
Maurizio Mini
Nasce a Livorno nel 1950. Nei primi anni ‘70 lavora come operaio al Cantiere navale “L. Orlando”; una esperienza formativa di grande importanza che incide anche sul suo percorso culturale. Dal 1980 al 2012 ha lavorato all’Ufficio Stampa del Comun e di Livorno. Giornalista pubblicista dirige il trimestrale dell’Associazione lavoratori comunali Il Caffè. Nel 2010 si è aggiudicato il secondo premio nel concorso letterario Delitti in Biblioteca con il racconto “Scaffale Zero”; ha partecipato alla scrittura dei libri “Mercatino americano e dintorni”, “A Livorno negli anni ’60 si suonava così” e il successivo “A Livorno negli anni ’70 si suonava così”, tutti editi da Erasmo.
Andrea Pellegrini
Discendente da una genealogia di musicisti (Pellegrini – Vianesi), guidato dall’infanzia nell’improvvisazione dal padre Gianfranco, jazzista attivo negli anni ’50 a Livorno, ha iniziato a studiare pianoforte a sei anni approfondendolo con Ilio Barontini. Ha studiato percussioni e praticato chitarra, contrabbasso, basso, vibrafono, batteria. Borsa di Studio presso Siena Jazz, ha conseguito il diploma in Jazz presso l’Istituto Superiore P.Mascagni con lode, con tesi sul Jazz a Livorno (ed. ETS). “Poliedrico e eclettico” (Musica Jazz), dal “pregevole lirismo” improvvisativo (La Repubblica), ha suonato e tenuto Master Class in tutta Italia e Olanda, Inghilterra, Lituania, Latvia, Slovacchia, Danimarca, Austria, Francia, Svizzera, Germania, Finlandia collaborando con Paolo Fresu, Paul McCandless, Tino Tracanna, Bruno Tommaso, Pino Minafra e molti altri.
la redazione
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